Il sesto senso

Published On: Luglio 6, 2024

Quando si parla di sesto senso, alle persone della mia età viene in mente il film omonimo, con il bambino protagonista che sussurra “vedo la gente morta”. Cercare su internet non aiuta molto più del film nella comprensione del fenomeno e per questo ho sentito la necessità di spiegarlo.
Il sesto senso è anche chiamato propriocezione, è una facoltà che abbiamo tutti e dipende dall’attività dei sensori nervosi situati nelle articolazioni ossee e nei muscoli che le muovono. In altre parole, il nostro corpo è l’organo di senso che percepisce e regola tutto quel che facciamo, le posizioni che teniamo, i nostri movimenti e lo sforzo per farli, per lo più autonomamente, cioè senza richiedere la nostra attenzione. Questo è ancor più vero per tutte le attività ripetitive, quelle a cui siamo più abituati, come stare in piedi, camminare o respirare, che normalmente vengono svolte anche se siamo del tutto distratti, anche se siamo assenti. La questione cambia radicalmente quando impariamo a fare qualcosa di nuovo, come suonare uno strumento, lavorare il legno, tirare con l’arco, perché è proprio l’attenzione ai segnali del corpo che ci permette di migliorare l’esecuzione del compito.
Servendomi di una metafora, il rapporto che abbiamo con il senso proprio del corpo è come quello che c’è tra cavallo e cavaliere, uno porta e l’altro conduce, e questa relazione è armonica fin tanto che, come fanno i cavalieri esperti, si rispettano alcune regole.
Prima di tutto, il corpo ha una necessità inesauribile di giocare, di verificare le proprie capacità e i propri limiti e questo lo fa quando è libero di muoversi e di esprimersi con spontaneità, cioè seguendo la propria volontà. Per intendersi, se tenete a lungo un cavallo dentro un recinto troppo stretto, gli fate male.
La seconda regola per godere del proprio corpo è accorgersi che questo è mosso da istinti, sensazioni ed emozioni, forze che possiamo gestire solo rimanendo attenti e sensibili, cioè presenti. Un cavaliere esperto non monta il cavallo come monterebbe una motocicletta. Se la moto è sempre disponibile, il cavallo può non esserlo: può avere fame, può avere voglia di ruzzare con la cavalla o può essere infastidito dall’odore del tuo nuovo deodorante, l’importante è accorgersene prima di farsi male.
Ignorare i messaggi del corpo significa non sentire, una condizione che porta a comportarsi come automi, in modo ripetitivo e rigido, con l’unico obiettivo di svolgere una funzione fino a fine carica. Mi sembra una condizione tristemente comune a persone che sembra siano state lanciate da una fionda, con nessuna possibilità di cambiare traiettoria volontariamente. Per fortuna, sintonizzarsi con le percezioni corporee non è impegnativo come imparare a cavalcare, perché tutti abbiamo vissuto questa condizione, letteralmente sensazionale, quando eravamo bambini e l’anima era il nostro compagno di giochi.

Giulio Sartori

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