Il panico
Il nome di questa emozione deriva da Pan, la divinità dell’antica Grecia metà uomo e metà capra, un essere in simbiosi con la natura ma capace anche di scatenare nell’animo reazioni incontrollabili.
Così, ritroviamo il panico in chi lotta per la propria vita o fugge per salvarsi, nelle urla di dolore o in quelle di rabbia e pure quando piangiamo o ridiamo in modo irrefrenabile. Sono manifestazioni molto diverse tra loro, ma accomunate tutte dall’impossibilità di modificarne volontariamente il corso.
Il panico è come un terremoto emotivo, un uragano o un alluvione, puoi salvarti solo se hai il fisico e infatti è al corpo che vanno tutte le risorse energetiche, mentre la testa viene spenta.
Un buon esempio di questo fenomeno è l’amnesia che può cogliere chi deve parlare, magari per la prima volta, davanti a una platea di persone.
Con il panico si perde l’equilibrio tra cavallo e cavaliere: mentre al cavallo è richiesta la capacità di dar sfogo al panico traendone più vantaggi che danni, il cavaliere può stare attento solo a non cadere e non può più svolgere il suo compito di guida.
Nella pratica del metodo Moghet si ristabilisce l’equilibrio allenando il corpo a gestire il panico e la nostra attenzione a rimanere in sella con il minimo sforzo necessario.
Raggiungere questi importanti obiettivi non è per nulla complicato perché sono richieste solo attenzione, costanza e la voglia di giocare con il proprio corpo.
Giulio Sartori
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